ZANARDI è IL MALE


PREMESSA: uno degli oggetti che custodisco più gelosamente nella mia camera d'infanzia in casa dei genitori è il numero 5 - anno 2 - della rivista Corto Maltese, datato maggio 1984. Mi ricordo di averlo recuperato, a botta di culo, durante una delle fiere del libro che ogni estate organizzavano in piazza Cavour a Como - cosa che credo facciano tuttora. Comunque, sono particolarmente legato a questo numero perché conteneva "Lupi", una storia di Zanardi all'epoca (vi parlo del 2004-05) decisamente rara da recuperare, perché non  inclusa in nessun volume celebrativo di Pazienza né ristampata in raccolte di alcun tipo, e dunque reperibile solo tra le pagine di quella rivista.
Oggi vabè trovate praticamente tutto, vita morte miracoli schizzi e cancellature del Paz (il che, per il sottoscritto, è un bene). Dicevamo: "Lupi", assieme a "Notte di Carnevale" è l'avventura meglio disegnata (e colorata) del Trio Zanna-Colas-Pietra, contiene una chicca che all'epoca mi faceva letteralmente impazzire di gaudio (era ambientata a Como!) ma soprattutto, rappresenta perfettamente la summa narrativa nonché l'epos Zanardi (l'insieme delle leggende su di lui) : strutturata senza fronzoli, riflessioni o morali della favola, è, a tutti gli effetti, un documentario su Zanardi e i suoi che si incontrano sotto la pioggia, comprano delle trappole da lupi, partono in macchina alla volta di Como, posizionano le trappole sulla scalinata di una loro nemesi, tale Ricardo (del quale Pazienza ci offre una commovente mezza pagina di background-ricordi), lo spingono giù per le scale facendolo mangiare dalle trappole, gli rubano della roba, si fanno le spade di roba, caricano il cadavere di Ricardo nella sua macchina, danno fuoco alla sua macchina, tornano a Bologna alla vita di tutti i giorni. Ed è questo, fondamentalmente, Zanardi: non ha bisogno di alcun contesto, di motivazioni di sorta, di alcun perché, proprio per il fatto che egli non è l'attore che interpreta un ruolo nel racconto, ma è la trama stessa del racconto (che potrà esigere semmai delle comparse ma è già, per la sua stessa essenza, il perché); non è il personaggio che indossa una maschera, egli è la maschera stessa (e questo Pazienza ce lo rimarca con una forza brutale, con la de-ri-marcazione di quell'enorme naso aquilino e del suo profilo così iconico, così in-dimenticabile) che contiene al proprio interno ogni possibile formulazione-manifestazione-interpretazione di quel personaggio, un po' come nel teatro No del Giappone. Quando leggiamo "Zanardi", in alto, all'inizio di ogni prima pagina di una sua storia, non leggiamo "Ulisse"; quando leggiamo "Zanardi" leggiamo "Odissea".


Quest'oggi mi sono imbattuto in questo breve e abbastanza ridicolo articolo (https://www.pastemagazine.com/articles/2017/07/andrea-pazienzas-zanardi-is-foul-rudeand-not-wholl.html) di una giornalista americana che, fondamentalmente, boccia lo Zanardi di Pazienza, a quanto pare appena tradotto e da poco sbarcato negli u.s.a. 

Da un lato mette le mani avanti dichiarando, molto chiaramente, che è difficile apprezzare al 100% un prodotto come Zanardi se effettivamente non si conosce quell'Italia degli anni '80, dall'altro lato invece getta lo stesso Zanardi in quella che, universalmente, è considerata la cultura pop 80's, quella insomma dell'edonismo - della violenza - della vuotezza della morale. In entrambi i casi, relega il fumetto Zanardi a prodotto degli eighties. Non commento le critiche strettamente tecniche che vengono mosse al disegno di Pazienza, definito discontinuo (ma porcoddio). Però, ora, un minimo di onestà intellettuale. Vi è una cosa che è assolutamente necessario fare, prima di apprestarsi a leggere il fumetto Zanardi, per poterlo apprezzare appieno (e questo andrebbe fatto in primis da noi lettori italici) : bisogna smetterla di sminuire Zanardi e di liquidarlo come oggetto, per alcuni certamente meraviglioso (per noi amanti di Paz), emblematico, esplicativo (per la giornalista u.s.a.), ma pur sempre frutto di quegli anni Ottanta. Zanardi è molto di più: è il seme di un male, del Male nella sua forma più complessa e sfaccettata. In ogni episodio egli riesce sempre a trascendere il proprio tempo ed i propri spazi, quelli di Bologna parco giochi tossico-onirico, perché diventa - anzi, lo è sempre stato - archetipo assoluto della Violenza. Zanardi pratica il Male per necessità, perché è nella sua natura, un po' come i Lupi della sua omonima 'buona novella'; ma anche per il puro piacere di farlo ed il gusto che si prova ad assaporarlo, quel male; si macchia di delitto per noia; commette cattiverie per istinto di sopravvivenza. Ed è questo che perplime, attrae come uno specchio e repelle come un doppio, un doppleganger, il lettore. Zanardi è bestia ferina, oppure è troppo umano? Vallo a capire, sono anni che ci provo ma boh. Forse, durante una sua avventura in campeggio, è stato innamorato, o forse si trattava della reazione più istintiva alla paura dell'abbandono (Zanardi è animale ma è anche uomo e la paura è la più intima amica dell'uomo);


sicuramente si è disperato per la morte del povero, lui sì fido Petrilli, arso in un incendio da loro stessi causato ne "La notte di Carnevale", salvo poi dichiarare laconico, dopo un'ennesima morte dello stesso Pietra in un altro racconto, che "era destino". 
Zanardi è un malvagio così complesso perché non ha background, non ha alcuno scopo da perseguire e non ha un senso: Pazienza ce lo presenta ogni volta come se noi sapessimo già chi abbiamo dinanzi, senza prologhi, senza un cazzo di niente. Zanardi, molto semplicemente, è, esiste e basta. Pazienza ce lo presenta ogni volta come se noi sapessimo già chi abbiamo dinanzi, perché fondamentalmente sappiamo bene di chi si tratta: Zanardi è la bestia, è il nostro incubo di diventare un po' come Zanardi; ed è l'uomo, è il nostro timore di sapere di essere un po' anche noi Zanardi. Zanna è lo specchio in cui ci guardiamo con la dovuta distanza e anche la nostra immagine riflessa che ci stupisce al buio mentre attraversiamo una stanza dimenticandoci la presenza di uno specchio e che ci provoca quel senso di unheimlich, perturbante.
Insomma, il succo di questa elucubrazione mentale che si sta perdendo in vacca è: smettiamola davvero di relegare Zanardi nella provincia del fumetto globale, e riconosciamogli, con merito e la dovuta paura, la centralità che gli spetta. "Perché il freddo, quello vero, sa essere qui..." ecc ecc.


EDIT: di tutte le immagini che potrei scegliere per focalizzare nella mia mente Zanardi, paradossalmente, quella che mi viene in mente con più forza è quella qui sopra, che a conti fatti è totalmente l'opposto di quel che ho appena scritto fino ad ora su Zanna: lui non da solo ma coi suoi due amici Colas e Pietra. Sì, non il branco di "Lupi" ma il trio di amici in atteggiamenti di amicizia: ridere e scherzare e prendersi per il culo. Certo, prima di raggiungere, in quella "Notte di Carnevale", un collegio, provare a scoparsi delle ragazzine e suore e dare fuoco allo stesso collegio, e perdere Petrilli tra le fiamme.
Comunque, mentre scrivevo queste righe, giuro che mi sono tagliato con un pezzettino di vetro sul tavolo lasciato da un bicchiere. Mi piace pensare che in fondo sia tutto qui il succo del discorso. 

Commenti

Post più popolari