DISCHI CRASTI: THE HORRORS "V"


Crasto, nella scuola che frequentavo alle superiori, il leggendario Liceo Scientifico Paolo Giovio di Como, non era certamente uno dei neologismi più utilizzati nel nostro regaz-slang, ma risultava, senza ombra di dubbio, uno dei più pregio. Sì, anche pregio apparteneva al nostro regaz-slang, e, a conti fatti, crasto non significa nient'altro che "pregio-pregiato elevato alla n; avvenimento, manifestazione, situa (sì, anche situa ecc ecc.) clamorosamente eccezionale in senso positivo, che colpisce e stupisce". Ecco, diciamo che questo significava-e significa tuttora, il termine crasto nella nostra lingua. Quindi, a cosa ci riferiamo quando scriviamo DISCHI CRASTI ? Detto fatto: si tratta della nuova sezione, o rubrica di Sette Note in Nero, dedicata a quegli album freschi di uscita, "novi novi" che mi hanno colpito & stupito in maniera più che positiva. Si tratta di roba che considero-considererò un Capolavoro o una più o meno grande Gemma? A questo non so rispondervi. Il senso di DISCHI CRASTI è dedicato proprio all'adesso, il famoso ascolto immediato. Poi, in questi casi sonori, sono dell'idea che solo lo scorrere del tempo, sia effettivamente in grado di darci un verdetto più, ecco, non oggettivo, ma quantomeno onesto. Ma, d'altronde, viviamo in questo cazzo di oggi-adesso al secondo, porcoddio, capita addirittura che escano prima le rece di un disco che il disco stesso. Storia vera per altro.  E quindi questo è DISCHI CRASTI. Per ora.

"V" è il quinto album degli Horrors. Grazie al cazzo, si chiama "Quinto". Ma, secondo Faris Badwan, il frontman della band, può rimandare anche al famoso gestaccio inglese, il "Fuck Off". Praticamente nel resto del mondo abbiamo il dito medio, gli inglesi invece hanno le due dita rivolte a V a chi mandano a fare in culo. Mi pare che sia dovuto a una questione riguardante la guerra dei cent'anni: in pratica i francesi erano soliti tagliare le dita indice-medio ai temibili arcieri d'Albione. In battaglia, quelli magari sfuggiti alla cattura, mostravano le due dita ai nemici per dirgli tipo "vattene affanculo, ho ancora le dita e mò ti scaglio le frecce." Come mi sono preparato a sto disco? Beh, sinceramente non ho mai amato moltissimissimo gli Horrors. Nel senso, i loro primi due album avrebbero fatto sicuramente battere il cuore del me stesso 17, in piena fase dark-punk (o goth, sua accezione più corretta, ma qui in Italy ci ostiniamo a chiamarlo così). Poi sono passato nella fase true - purista e quindi tutto quell'indie anglosassone che ascoltavo tra il 2007 e 2012 più o meno, o non me lo cagavo di striscio, o lo inserivo nel cestino dell'imitazione di qualcosa di già fatto meglio. Comunque li riscoperti recentemente gli Horros, mi sono ascoltato i loro album, e poi mi sono imbattuto nella loro cover di "Your Love" di Frankie Knuckles. Tra l'altro, che canzone della madonna e che artista della madonna. Questa cover secondo me è uno snodo fondamentale per comprendere quello che c'è dietro a "V", che è un disco che certamente riprende il percorso di addolcimento sonoro cominciato nel precedente "Luminous" del 2014, ma spinto, mi si perdoni il gioco di parole, verso luminose ed elevatissime vette, in una maniera che ha spiazzato anche me che lo sto ascoltando a ripetizione da stamattina senza quasi mai pause.  Questo è un album che mi ha dato l'effetto di una sorta di ritorno al futuro, o di passato posteriore, non bene quale termine utilizzare. Comunque, è un po' lo stesso effetto che mi fece, in maniera sicuramente maggiore, "Black Messiah" il ritorno pazzesco di D'Angelo, nonché uno degli album più meravigliosi ed esplicativi di questi anni '10: sembra di tornare indietro nel tempo, ma in un passato alternativo, immersi in una diversa linea temporale. In "V" non mancano certo gli elementi che hanno definito l'Horrors-Sound; ci si muove seguendo le coordinate del post-punk, in questo caso molto sintetizzatoroso, si respira a pieni polmoni anche aria di dream pop e di 4AD; ma, al contempo, qualcosa davvero non torna: è certamente la geografia wave ma non sono gli anni '80, o meglio non sembrano quegli anni '80. Sono un'altra, interessantissima, ipotesi di passato. E questo, nell'atteggiamento di retromania (per scomodare i nomi altisonanti della critica) che vive l'indie anglosassone, è un bene. Quella che sembrerebbe una riflessione degli Horrors su se stessi, diviene una riflessione su alcune facce di quel diamante brillante che è stato il decennio 80. Facce tanto vicine temporalmente quanto distanti musicalmente. I suoni emessi dalla strumentazione, dicevo, si sono decisamente addolciti rispetto agli esordi più fracassoni e caotici. Ma anche la gamma, anzi, la tipologia degli strumenti cambia: la (onni)presenza della Roland TB-303 è talmente sfacciata, che penso sia impossibile non pensare all'acid e alla deep house; non di certo nel genere musicale prodotto, quanto nella costruzione, nella strutturazione di ogni singola traccia. In che senso? Nel senso che quasi tutti i brani di "V" hanno una intro, quasi sussurrata, accennata, come docili pulsazioni del tastierone o chitarre in riverbero; e hanno una coda, che si stacca dallo scheletro della melodia principale, e che quasi sempre risulta esasperato-esagerato-pomposo, ma non troppo, proprio perché il tutto parte in sordina. E poi, nel mezzo, c'è il pezzo vero e proprio: quasi un crescendo, quasi monotono (in senso positivo eh), e quasi senza la necessità di un ritornello. Ok, ci sono un paio di canzonette-riempitivo, poca roba davvero, ma vi sono anche, anzi, soprattutto, dei momenti di meravigliosa implosione new wave che, cazzo, avrebbero fatto impazzire il me stesso 17, anche di una linea temporale alternativa, e che mi stanno portando a riascoltare per, boh, tipo 8-9 volte l'intero disco da stamattina, dopo il primissimo approccio. E' tutto così ovattato e fumoso. Non c'è un cazzo di granitico, non ci sono magari melodie che ti restano subito in testa e che fischietti, no. Però, perché me lo starei gustando con così tanta brama, se non per il fatto che, molto semplicemente, funziona? E' una cosa che non mi capitava sinceramente da qualche mesetto. Ed è cosa buona e giusta. Ecco perché "V" degli Horrors è, non solo un DISCO CRASTO, ma, a conti fatti, il loro migliore. Ovviamente per me.
In più metteteci che quell'artwork di Erik Ferguson, affiancato a quelle fantomatiche scritte in giapponese sulla copertina dei singoli prima e dell'LP dopo mi ricorda un casino Shin'ya Tsukamoto. E quindi, ascoltatevelo. 

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